martedì 2 maggio 2017



Licenziamento ingiurioso da origine ad un ulteriore risarcimento del danno?

Nella giurisprudenza di legittimità:

Il carattere ingiurioso del licenziamento, che, in quanto lesivo della dignità del lavoratore, legittima un autonomo risarcimento del danno, non si identifica con la sua illegittimità, bensì con le particolari forme o modalità offensive del recesso. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva desunto la natura ingiuriosa da circostanze della realtà organizzativa in cui era stato intimato il licenziamento, quali le inutili rassicurazioni sull'insussistenza di esuberi presso la società cessionaria e la temporanea utilizzazione della lavoratrice presso la cedente). (Cassa e decide nel merito, App. Trento, 02/12/2011) Cass. civ. Sez. lavoro, 19/11/2015, n. 23686

Il carattere ingiurioso del licenziamento che, in quanto lesivo della dignità e dell'onore del lavoratore, dà luogo al risarcimento del danno ulteriore rispetto alle conseguenze previste dall'art. 18 della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori) non si identifica con la mancanza di giustificatezza dello stesso, bensì con le particolari forme o modalità offensive del recesso del datore di lavoro. Tali circostanze, tuttavia, devono essere rigorosamente provate da chi le adduce, unitamente al lamentato pregiudizio. Cass. civ. Sez. lavoro, 02/11/2015, n. 22353

Nel regime di tutela reale ex art. 18 della L. 20 maggio 1970, n. 300 (nella formulazione ratione temporis applicabile, anteriore alla modifica apportata con L. 28 giugno 2012, n. 92), il danno all'integrità psico-fisica del lavoratore, cagionato dalla perdita del lavoro e della retribuzione, è una conseguenza soltanto mediata ed indiretta (e, quindi, non fisiologica e non prevedibile) del recesso datoriale e, pertanto, non è risarcibile, salvo che nell'ipotesi di licenziamento ingiurioso (o persecutorio o vessatorio), trovando la sua causa immediata e diretta non nella perdita del posto di lavoro, bensì nel comportamento intrinsecamente illegittimo del datore di lavoro, della cui prova - unitamente a quella della lesione alla propria integrità psico-fisica - è onerato il lavoratore. Ma proprio perché hanno ravvisato un licenziamento discriminatorio (in quanto tale persecutorio perché mosso dall'intento di punire il lavoratore per l'attività sindacale da lui svolta) i giudici di merito hanno, coerentemente, esaminato la possibilità di liquidare una somma ulteriore (rispetto alle retribuzioni ex art. 18 Stat. lav.) per danno biologico, motivatamente pervenendo a conclusione affermativa alla stregua della documentazione sanitaria e della deposizione testimoniale del medico curante del lavoratore. Cass. civ. Sez. lavoro, 08/01/2015, n. 63

Il licenziamento ingiurioso, ossia lesivo della dignità e dell'onore del lavoratore, che dà luogo al risarcimento del danno, ricorre soltanto in presenza di una particolare offensività e non funzionalità delle espressioni usate dal datore di lavoro o di eventuali forme ingiustificate e lesive di pubblicità date al provvedimento, le quali vanno rigorosamente provate da chi le adduce, unitamente al lamentato pregiudizio. Cass. civ. Sez. lavoro, 13/03/2014, n. 5885

Nel regime di tutela reale ex art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (nella formulazione "ratione temporis" applicabile, anteriore alla modifica apportata con legge 28 giugno 2012, n. 92), il danno all'integrità psico-fisica del lavoratore, cagionato dalla perdita del lavoro e della retribuzione, è una conseguenza soltanto mediata ed indiretta (e, quindi, non fisiologica e non prevedibile) del recesso datoriale e, pertanto, non è risarcibile, salvo che nell'ipotesi di licenziamento ingiurioso (o persecutorio o vessatorio) trovando la sua causa immediata e diretta non nella perdita del posto di lavoro, bensì nel comportamento intrinsecamente illegittimo del datore di lavoro, della cui prova - unitamente a quella della lesione alla propria integrità psico-fisica - è onerato il lavoratore. (Rigetta, App. Cagliari, 05/03/2010) Cass. civ. Sez. lavoro, 12/03/2014, n. 5730

In tema di liquidazione del danno conseguente alla declaratoria di illegittimità del licenziamento, il danno morale prodotto dal carattere ingiurioso dell'espulsione costituisce un pregiudizio ulteriore ed autonomo rispetto alla lesione dell'integrità psico-fisica eventualmente cagionata dallicenziamento ingiustificato e, come tale, deve essere separatamente liquidato. (Rigetta, App. Roma, 21/08/2009) Cass. civ. Sez. lavoro, 30/12/2011, n. 30668


Nella giurisprudenza di merito:

In tema di licenziamento, il licenziamento ingiurioso o vessatorio, lesivo della dignità e dell'onore del lavoratore, che dà luogo al risarcimento del danno ulteriore rispetto alla liquidazione forfettaria ex lege prevista dall'art. 18 della L. 20 maggio 1970 n. 300, è configurabile non in ogni caso di infondatezza degli addebiti di natura disciplinare o di insussistenza dell'inadempimento posto a base del recesso, ma soltanto in presenza di una particolare offensività e non funzionalità delle espressioni usate dal datore di lavoro o da eventuali forme ingiustificate e lesive di pubblicità date al provvedimento, le quali vanno rigorosamente provate da chi le adduce, unitamente al lamentato pregiudizio. App. Genova Sez. lavoro, 17/05/2016

Nel regime di tutela reale di cui all'art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, il danno all'integrità psico-fisica del lavoratore, cagionato dalla perdita del lavoro e della retribuzione, è una conseguenza soltanto mediata ed indiretta (e, quindi, non fisiologica e non prevedibile) del recesso datoriale e, pertanto, non è risarcibile, salvo che nell'ipotesi di licenziamento ingiurioso (o persecutorio o vessatorio) trovando la sua causa immediata e diretta non nella perdita del posto di lavoro, bensì nel comportamento intrinsecamente illegittimo del datore di lavoro, della cui prova - unitamente a quella della lesione alla propria integrità psico-fisica - è onerato il lavoratore. Trib. Udine Sez. lavoro, 21/07/2016

Il carattere ingiurioso del licenziamento che, in quanto lesivo della dignità e dell'onore del lavoratore dà luogo a risarcimento, non si identifica con la ingiustificatezza dello stesso, bensì con le particolari forme e/o modalità offensive del recesso del datore di lavoro, che devono essere rigorosamente provate da chi le deduce, unitamente al lamentato pregiudizio. Trib. Firenze Sez. lavoro, 28/01/2014

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