martedì 11 ottobre 2016

Quali sanzioni previdenziali in caso di reintegra ex art. 18 legge 300 del 1970 nel sistema antecedente la l. 92 del 2012?


Per Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-09-2016, n. 17645 "Deve premettersi che, a seguito di un contrasto di giurisprudenza che si era verificato sulla questione nell'ambito delle sezioni semplici, le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 19665 del 18/09/2014 hanno affermato che in tema di sanzioni previdenziali in caso di reintegrazione del lavoratore per illegittimità del licenziamento, ai sensi della l. 300 del 1970 art. 18, occorre distinguere tra la nullità o inefficacia del licenziamento, che è oggetto di una sentenza dichiarativa, e l'annullabilità del licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo, che è oggetto di una sentenza costitutiva: nel primo caso, il datore di lavoro, oltre che ricostruire la posizione contributiva del lavoratore "ora per allora", deve pagare le sanzioni civili per omissione l. 2000 n. 388 ex art. 116 comma 8 lettera a); nel secondo caso, il datore di lavoro non è soggetto a tali sanzioni, trovando applicazione la comune disciplina della "mora debendi" nelle obbligazioni pecuniarie, fermo che, per il periodo successivo all'ordine di reintegra, sussiste l'obbligo di versare i contributi periodici, oltre al montante degli arretrati, sicchè riprende vigore la disciplina ordinaria dell'omissione e dell'evasione contributiva. La Corte, con riferimento al regime previsto dalla l. 300 del 1970 art. 18 , anteriore alle modifiche introdotte dalla l. 92 del 2012, che purtuttavia ha confermato tale impostazione teorica, ha distinto le due ipotesi di inefficacia o nullità del licenziamento (quale ad es. il licenziamento discriminatorio) da quella di licenziamento annullabile perchè intimato in mancanza di giusta causa o di giustificato motivo. Ha rilevato che nella seconda ipotesi la sentenza del giudice che dichiara l'illegittimità del licenziamento ha natura costitutiva, ed ha quindi confermato l'orientamento espresso da Cass. n. 7934 del 2009, secondo il quale nessuna sanzione può trovare applicazione perchè l'obbligazione contributiva, al momento della sua periodica scadenza per i lavoratori occupati, non sussisteva per il lavoratore licenziato, essendo essa venuta meno a causa della cessazione del rapporto di lavoro; nè poteva risorgere se non al momento in cui il rapporto di lavoro sarebbe stato ripristinato a seguito dell'ordine di reintegrazione. Diversamente, ad avviso delle Sezioni Unite, accade nell'ipotesi di licenziamento inefficace o nullo, nel quale la pronuncia meramente dichiarativa del giudice riporta anche il rapporto previdenziale alla situazione quo ante, con la conseguenza che sono dovute le sanzioni civili previste dalla l. 2000 n. 3888 art. 116 comma 8  per l'ipotesi dell'omissione contributiva, perchè in ogni caso mancherebbe quella che l'art. 116 comma 8 lettera b) cit. qualifica come "intenzione specifica di non versare i contributi" atteso che l'omissione contributiva è invece conseguenza della (ritenuta, dal datore di lavoro) legittimità del licenziamento).

2.2. Nel caso in esame, in cui pacificamente la sussistenza del rapporto di lavoro per il periodo oggetto di richiesta delle sanzioni accessorie è derivata dal riconoscimento che ne hanno fatto le parti in una transazione intervenuta a definizione di un giudizio instaurato per l'annullamento della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, sarebbe stato necessario accertare il contenuto dell'accordo transattivo, onde evidenziare i presupposti di tale riconoscimento: sulla base del principi affermati nella richiamata sentenza n. 19665 del 2014 delle Sezioni Unite, infatti, un'omissione contributiva avrebbe potuto configurarsi solo a fronte di una situazione che imponesse la ricostituzione del rapporto ex tunc. E difatti, la rimozione della risoluzione consensuale si sarebbe posta su un piano totalmente diverso nel caso di esistenza di vizi genetici radicali della stessa, idonei a determinarne la totale eliminazione degli effetti, ovvero nel caso di mera scelta delle parti, nel qual caso nessuna sanzione poteva essere richiesta dall'Inps, restando peraltro dubbia la stessa ammissibilità della ricostituzione del rapporto previdenziale, per natura indisponibile e necessariamente correlato all'esistenza effettiva di un sottostante rapporto di lavoro.

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