Nel rito del lavoro cosa determina l'omessa notificazione dell'appello?
Cass. 05/04/2023, n. 9411
Nel giudizio di appello soggetto al rito del lavoro, il vizio della notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e determina la decadenza dell'attività processuale cui l'atto è finalizzato (con conseguente declaratoria in rito di chiusura del processo, attraverso l'improcedibilità), non essendo consentito al giudice di assegnare all'appellante un termine per provvedere alla rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente. In tale caso non è applicabile lo strumento sanante previsto dall'art. 291 cod. proc. civ. nell'ipotesi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, sì da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa. Peraltro la fattispecie legale minima della notificazione, che ha lo scopo di provocare la presa di conoscenza di un atto da parte del destinatario, richiede la consegna, ossia il raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento, sicché solo qualora quest'ultima avvenga si può porre una questione di nullità della notificazione, sanabile ex tunc a seguito della rinnovazione disposta ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ. o per effetto del raggiungimento dello scopo ex art. 156, comma 3, cod. proc. civ. Pertanto si deve escludere che la restituzione dell'atto al mittente con attestazione dell'irreperibilità del destinatario possa integrare una notifica perfezionata ma invalida, giacché quell'attestazione, seppure conclusiva delle attività richieste al soggetto incaricato della notificazione, certifica l'omessa consegna, ossia la mancanza di una delle condizioni necessarie affinché possa porsi un problema di validità della notificazione e determina l'improcedibilità che è rilevabile d'ufficio ed è sottratta alla disponibilità delle parti sicché non può essere sanata valorizzando le difese svolte, anche nel merito, dall'appellato.
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