Quando il trasferimento permette di dimettersi ed accedere alla Naspi?
INPS – Mess. n. 369
del 26.01.2018: Naspi per dimissioni o risoluzione consensuale in caso di trasferimento.
Istituto Nazionale Previdenza Sociale
Messaggio 26 gennaio 2018, n. 369
Oggetto: Accesso alla indennità di disoccupazione NASpi nelle ipotesi di risoluzione consensuale in
seguito al rifiuto da parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda
distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o
oltre con i mezzi di trasporto pubblico e nella ipotesi di dimissioni per giusta causa a seguito del
trasferimento del lavoratore.
Sono pervenute da parte di diverse strutture territoriali richieste volte alla definizione di casi concreti
aventi quale tematica la possibilità di accedere alla prestazione NASpI nelle ipotesi di risoluzione
consensuale in seguito al rifiuto da parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa
azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80
minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblico e nella ipotesi di dimissioni per giusta causa a seguito del
trasferimento del lavoratore.
Con il presente messaggio si riepilogano le istruzioni già impartite nel corso degli anni sulla tematica in
oggetto attraverso le circolari INPS n. 97 del 2003, n. 163 del 2003, n. 108 del 2006 ed il messaggio
Hermes n. 016410 del 20/7/2009 in materia di indennità di disoccupazione ordinaria, agricola e non
agricola, con requisiti normali o con requisiti ridotti, nonché con la circolare INPS n. 142 del 2012 in
materia di indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpi, ed infine con le circolari INPS n. 94 e n. 142 del
2015 in materia di indennità NASpI.
L’art. 2 comma 4 della legge n. 92 del 2012 e l’art.3 del d.lgs. n. 22 del 2015, riconoscono
rispettivamente il diritto all’indennità di disoccupazione in ambito ASpI e all’indennità NASpI ai lavoratori
dipendenti che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino
congiuntamente gli ulteriori requisiti legislativamente previsti.
In ordine al requisito della involontarietà dello stato di disoccupazione, ai sensi dell’art.2 comma 5 della
citata legge n. 92 e dell’art. 3 comma 2 del citato decreto n.22 le predette indennità di disoccupazione
sono riconosciute anche nelle ipotesi di dimissioni per giusta causa e di risoluzione consensuale
intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione di cui all’art. 7 della legge n.604 del 1966 come
modificato dall’art. 1, comma 40, della legge n. 92 del 2012.
Alla luce delle richiamate disposizioni, in talune ipotesi in cui la cessazione del rapporto di lavoro non
consegue ad un atto unilaterale del datore di lavoro è consentito l’accesso al trattamento di
disoccupazione.
In particolare nelle ipotesi di dimissioni per giusta causa e cioè in presenza di una condizione di
improseguibilità del rapporto di lavoro, la cui ricorrenza deve essere valutata dal giudice, l’atto di
dimissioni del lavoratore è comunque da ascrivere al comportamento di un altro soggetto e il
conseguente stato di disoccupazione non può che ritenersi involontario.
Analogamente lo stato di disoccupazione può ritenersi involontario nelle ipotesi di cessazione del rapporto
di lavoro in cui le parti addivengono alla risoluzione consensuale del rapporto medesimo, sia in esito alla
procedura di conciliazione di cui all’art. 7 della legge n.604 del 1966 come modificato dall’art. 1, comma
40, della legge n.92 del 2012 sia in esito al rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra sede della
stessa azienda distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore o mediamente raggiungibile in oltre 80
minuti con i mezzi di trasporto pubblico.
Su tale ultima ipotesi di risoluzione consensuale in esito al rifiuto al trasferimento, come precisato
nella circolare INPS n. 108 del 2006, la volontà del lavoratore può essere stata indotta dalle notevoli
variazioni delle condizioni di lavoro conseguenti al trasferimento ad altra sede dell’azienda distante più di
50 km dalla residenza del lavoratore e/o raggiungibile in 80 minuti con i mezzi pubblici. Pertanto, in tale
caso si può riconoscere l’indennità di disoccupazione.
Il riconoscimento all’indennità in detta ipotesi è stato confermato anche con le circolari INPS n. 142 del
2012 in materia di ASpI e n. 142 del 2015 in materia di NASpI.
Si verifica, inoltre, di frequente che nei suddetti casi di risoluzione a seguito di rifiuto del trasferimento da
parte del lavoratore le parti (datore di lavoro e lavoratore), in sede di conciliazione, convengono sulla
corresponsione a vario titolo, spesso a titolo di incentivo, di somme, talvolta consistenti, diverse da quelle
spettanti in relazione al pregresso rapporto di lavoro.
Anche in tali fattispecie - acquisito sulla materia il parere favorevole dell’Ufficio Legislativo del Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali - è possibile quindi accedere alla indennità di disoccupazione NASpI, in
presenza di tutti i requisiti legislativamente previsti, anche laddove il lavoratore ed il datore di lavoro
pattuiscano la corresponsione, a favore del lavoratore, di somme a vario titolo e di qualunque importo
esse siano.
Per quanto attiene alla ipotesi di dimissioni a seguito del trasferimento del lavoratore ad altra sede della
stessa azienda, si precisa che in tale circostanza - come anche affermato dall’Ufficio del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali nel parere reso sulla materia - ricorre la giusta causa delle dimissioni
qualora il trasferimento non sia sorretto da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive e ciò
indipendentemente dalla distanza tra la residenza del lavoratore e la nuova sede di lavoro.
In ragione di quanto sopra, in presenza di dimissioni che il lavoratore asserisce avvenute per giusta
causa, a seguito di trasferimento ad altra sede dell’azienda è ammesso l’accesso alla prestazione NASpI a
condizione che il trasferimento non sia sorretto da “comprovate ragioni tecniche, organizzative e
produttive” previste dall’art. 2103 c.c.
Qualora, pertanto, ricorra tale fattispecie, come già precisato con la circolare INPS n. 163 del 2003 - che
si richiama integralmente per la parte di interesse - se il lavoratore dichiara che si è dimesso per giusta
causa dovrà corredare la domanda con una documentazione (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà
di cui agli articoli 38 e 47 del D.P.R n. 445/2000) da cui risulti almeno la sua volontà di “difendersi in
giudizio” nei confronti del comportamento illecito del datore di lavoro (allegazione di diffide, esposti,
denunce, citazioni, ricorsi d’urgenza ex articolo 700 c.p.c., sentenze ecc. contro il datore di lavoro,
nonché ogni altro documento idoneo), impegnandosi a comunicare l’esito della controversia giudiziale o
extragiudiziale. Laddove l’esito della lite dovesse escludere la ricorrenza della giusta causa di dimissioni,
si dovrà procedere al recupero di quanto pagato a titolo di indennità di disoccupazione, così come avviene
nel caso di reintegra del lavoratore nel posto di lavoro successiva a un licenziamento illegittimo che ha
dato luogo al pagamento dell’indennità di disoccupazione.
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