Quando il rapporto a tempo determinato può essere risolto prima dello scadere?
Corte d'Appello Bologna Sez. lavoro Sent., 06/07/2010
La disciplina della risoluzione dei rapporti di lavoro a tempo determinato, o per i quali sia assicurata una temporanea stabilita per mezzo di una clausola di durata minima, va individuata tenendo conto non solo della norma specifica di cui all'art. 2119 c.c., ma anche delle norme generali sulla risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive. In particolare è rilevante, così come in genere nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, l'impossibilità della prestazione (anche se non può operare il raccordo, per altre ipotesi delineato, tra impossibilità sopravvenuta e giustificato motivo oggettivo di cui all'art. 3 della legge n. 604 del 1966), e in relazione ad essa la legittimità del recesso del datore di lavoro va stabilita in base all'esistenza o meno di un suo interesse apprezzabile alla future prestazioni lavorative, da valutarsi obiettivamente, avendo riguardo sia alle caratteristiche, anche dimensionali, dell'azienda, sia al tipo di mansioni affidate al dipendente.
Corte d'Appello Bologna Sez. lavoro Sent., 25/03/2010
La disciplina della risoluzione dei rapporti di lavoro a tempo determinato, o per i quali sia assicurata una temporanea stabilità per mezzo di una clausola di durata minima, va individuata tenendo conto non solo della norma specifica di cui all'art. 2119 c.c., ma anche delle norme generali sulla risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive. In particolare è rilevante, così come in genere nei rapporti di lavoro a tempoindeterminato, l'impossibilità della prestazione e in relazione ad essa la legittimità del recesso del datore di lavoro va stabilita in base all'esistenza o meno di un suo interesse apprezzabile alla future prestazioni lavorative, da valutarsi obiettivamente, avendo riguardo sia alle caratteristiche, anche dimensionali, dell'azienda, sia al tipo di mansioni affidate al dipendente.
Cass. civ. Sez. lavoro, 03/08/2004, n. 14871
La disciplina della risoluzione dei rapporti di lavoro a tempo determinato, o per i quali sia assicurata una temporanea stabilità per mezzo di una clausola di durata minima, va individuata tenendo conto non solo della norma specifica di cui all'art. 2119 c.c., ma anche delle norme generali sulla risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive. In particolare, è rilevante, così come in genere nei rapporti di lavoro a tempoindeterminato, l'impossibilità della prestazione (anche se non può operare il raccordo, per altre ipotesi delineato, tra impossibilità sopravvenuta e giustificato motivo oggettivo di cui all'art. 3 della legge n. 604 del 1966), e in relazione ad essa la legittimità del recesso del datore di lavoro va stabilita in base all'esistenza o meno di un interesse apprezzabile alla future prestazioni lavorative, da valutarsi obiettivamente, avendo riguardo sia alle caratteristiche, anche dimensionali, dell'azienda, sia al tipo di mansioni affidate al dipendente, mentre non rileva la imprevedibilità del fatto sopravvenuto, che può essere causa di risoluzione del contratto anche se prevedibile, purché l'evento non fosse comunque evitabile. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto la legittimità del licenziamento di un direttore generale di una società costituita tra quattro istituti bancari con il fine di realizzare una gestione unificata delle partecipazioni e dei servizi delle società anche in vista di una futura possibile fusione, a fronte del fatto sopravvenuto, costituito dalla uscita dalla società del più importante degli istituti bancari coinvolti, che aveva impedito la realizzazione del piano industriale).
Cass. civ. Sez. lavoro, 20/04/1995, n. 4437
La disciplina della risoluzione dei rapporti di lavoro a tempo determinato, o per i quali sia assicurata una temporanea stabilità per mezzo di una clausola di durata minima, va individuata tenendo conto non solo della norma specifica di cui all'art. 2119 c.c., ma anche delle norme generali sulla risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive. In particolare è rilevante, così come in genere nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, l'impossibilità della prestazione (anche se non può operare il raccordo, per altre ipotesi delineato, tra impossibilità sopravvenuta e giustificato motivo oggettivo di cui all'art. 3 della legge n. 604 del 1966), e in relazione ad essa la legittimità del recesso del datore di lavoro va stabilita in base all'esistenza o meno di un suo interesse apprezzabile alle future prestazioni lavorative, da valutarsi obiettivamente, avendo riguardo sia alle caratteristiche, anche dimensionali, dell'azienda, sia al tipo di mansioni affidate al dipendente. (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza del giudice di merito che aveva escluso la rilevanza ai fini in esame di circostanze determinanti la non proficua utilizzabilità della prestazione del lavoratore.
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