mercoledì 15 febbraio 2017

Il lavoratore assunto per sostituire una lavoratrice in maternità deve essere adibito alle medesime mansioni?


In realtà la giurisprudenza aveva infatti già chiarito che “ll lavoratore assunto a termine ai sensi della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. b) [1], per la sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, non deve essere necessariamente destinato alle medesime mansioni e/o allo stesso posto del lavoratore assente, atteso che la sostituzione ipotizzata dalla norma va intesa nel senso più confacente alle esigenze dell'impresa; pertanto, non può essere disconosciuta all'imprenditore - nell'esercizio del potere autorganizzatorio - la facoltà di disporre (in conseguenza dell'assenza di un dipendente) l'utilizzazione del personale, incluso il lavoratore  a termine, mediante i più opportuni spostamenti interni, con conseguente realizzazione di un insieme di sostituzioni successive per scorrimento a catena, sempre che vi sia una correlazione tra assenza ed assunzione a termine, nel senso che la seconda deve essere realmente determinata dalla necessità creatasi nell'azienda per effetto della prima” (Cass. n. 11699/2003; v. pure Cass. n. 16661/04, conf. nn. 23761/2009, 3598/2010) Cass. civ. Sez. lavoro, 19/03/2013, n. 6787.
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[1] Il previgente sistema prevedeva la possibilità di assumere personale a tempo determinato “b) quando l'assunzione abbia luogo per sostituire lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto, sempreché nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione” (art. 1 lettera b l. 230 del 1962) e tale norma rimane ancora inserita nel testo di riferimento che regolamenta gli sgravi, posto che l’attuale art. 4  comma 1 prevede

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