Il lavoratore assunto per sostituire una lavoratrice in maternità deve essere adibito alle medesime mansioni?
In realtà la
giurisprudenza aveva infatti già chiarito che “ll lavoratore assunto a termine ai sensi della L. n. 230 del 1962,
art. 1, comma 2, lett. b) [1],
per la sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del
posto, non deve essere necessariamente destinato alle medesime mansioni e/o
allo stesso posto del lavoratore assente, atteso che la sostituzione ipotizzata
dalla norma va intesa nel senso più confacente alle esigenze dell'impresa;
pertanto, non può essere disconosciuta all'imprenditore - nell'esercizio del
potere autorganizzatorio - la facoltà di disporre (in conseguenza dell'assenza
di un dipendente) l'utilizzazione del personale, incluso il lavoratore a termine, mediante i più opportuni
spostamenti interni, con conseguente realizzazione di un insieme di
sostituzioni successive per scorrimento a catena, sempre che vi sia una
correlazione tra assenza ed assunzione a termine, nel senso che la seconda deve
essere realmente determinata dalla necessità creatasi nell'azienda per effetto
della prima” (Cass. n. 11699/2003; v. pure Cass. n. 16661/04, conf. nn.
23761/2009, 3598/2010) Cass. civ. Sez. lavoro, 19/03/2013, n. 6787.
.
[1] Il
previgente sistema prevedeva la possibilità di assumere personale a tempo
determinato “b) quando l'assunzione abbia luogo per sostituire lavoratori
assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto,
sempreché nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore
sostituito e la causa della sua sostituzione” (art. 1 lettera b l. 230 del 1962)
e tale norma rimane ancora inserita nel testo di riferimento che regolamenta
gli sgravi, posto che l’attuale art. 4 comma 1 prevede
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