Quando l'inidoneità fisica del lavoratore può essere ricondotta ad una condizione di handicap?
Cass. 28/10/2019, n. 27502
8.3. Recenti pronunzie di questa Corte hanno posto il problema del licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, derivante da una condizione di "handicap" e hanno ritenuto in tali casi sussistente, ai fini della legittimità del recesso, l'obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi purchè contenuti nei limiti della ragionevolezza, obbligo scaturente, anche con riferimento a fattispecie sottratte "ratione temporis" alla applicazione del D.Lgs. n. 216 del 2003, art. 3, comma 3 bis, di recepimento dell'art. 5 della Dir. 2000/78/CE, dall'interpretazione del diritto nazionale in modo conforme agli obiettivi posti dal predetto art. 5, considerato il dovere del giudice nazionale di offrire una interpretazione del diritto interno conforme agli obiettivi di una direttiva anche prima del suo concreto recepimento e della sua attuazione (Cass. n. 13649 del 2019, Cass. n. 27243 del 2018).
8.4. Le difficoltà applicative connesse alla inesistenza nel nostro ordinamento di una nozione unitaria di disabilità alla quale collegare le tutele previste dalla norma comunitaria sono alla base della elaborazione di questa Corte (v. Cass. 13649 del 2019 e Cass. 6798 del 2018, cit.) la quale, recependo le indicazioni del giudice comunitario (sentenze 11 aprile 2013, HK Danmark, C-335/11 e C337/11, punti 38-42; 18 marzo 2014, Z., C-363/12, punto 76; 18 dicembre 2014, FOA, C-354/13, punto 53; 1 dicembre 2016, Mo. Da. C-395/15, punti 41-42), ha chiarito che la nozione di disabilità, anche ai fini della tutela in materia di licenziamento, deve essere costruita in conformità al contenuto della direttiva, come interpretata dalla Corte di Giustizia, quindi quale "limitazione risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori". Ricorrendo, pertanto, tale ipotesi occorrerà verificare la possibilità di adattamenti organizzativi ragionevoli da parte del datore di lavoro onde consentire l'utilizzazione del lavoratore divenuto "disabile" nel senso sopra chiarito.
8.5. Nella fattispecie in esame, premesso che non ogni situazione di infermità fisica del lavoratore che lo renda inidoneo alle mansioni di assegnazione risulta ex se riconducibile alla richiamata nozione di disabilità occorrendo la allegazione e dimostrazione della limitazione risultante da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature e del fatto che tale limitazione, in interazione con barriere di diversa natura, si traduca in ostacolo alla piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori, e premesso altresì che la questione del ricorrere di una situazione di disabilità nei termini sopra chiariti non è stata in alcun modo affrontata dalla sentenza impugnata, occorreva da parte dell'odierno ricorrente, per non incorrere nella violazione del divieto di novum, la allegazione e dimostrazione della sua rituale e tempestiva introduzione nel giudizio di merito (Cass. n. 20694 del 2018, Cass. n. 1435 del 2013, Cass. n. 20518 del 2008, Cass. n. 22540 del 2006) - onere in concreto non assolto.
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