Cosa succede ai rapporti di lavoro in corso in caso di fallimento?
Secondo la giurisprudenza unanime si applica la regola stabilita dall'art. 72 primo del RD 267/1942 secondo cui:"se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l'esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l'autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto".
Nella giurisprudenza di legittimità:
"In caso di fallimento del datore di lavoro, ove vi sia cessazione dell'attività aziendale, il rapporto di lavoro entra in una fase di sospensione, in quanto il diritto alla retribuzione - salvo il caso di licenziamento dichiarato illegittimo - non sorge in ragione dell'esistenza e del protarsi del rapporto ma presuppone, per la natura sinallagmatica del contratto, la corrispettività delle prestazioni. Ne consegue che per effetto della dichiarazione di fallimento e fino alla data della dichiarazione del curatore ex art. 72, comma secondo, legge fall., non essendovi un obbligo retributivo per l'assenza di prestazione lavorativa non è configurabile un credito contributivo previdenziale, a nulla rilevando l'eventuale ammissione al passivo fallimentare dei crediti retributivi, per l'assenza di efficacia riflessa di tale provvedimento sul rapporto tra la curatela e l'Inps che ha un diverso oggetto. (Rigetta, App. Milano, 26/07/2007)" Cass. civ. Sez. lavoro, 14/05/2012, n. 7473
Nella giurisprudenza di merito:
"In caso di fallimento del datore di lavoro, ove vi sia cessazione dell'attività aziendale, il rapporto di lavoro entra in una fase di sospensione, in quanto il diritto alla retribuzione non sorge in ragione dell'esistenza e del protrarsi del rapporto, ma presuppone, per la natura sinallagmatica del contratto, la corrispettività delle prestazioni. Ne consegue che, per effetto della dichiarazione di fallimento, e fino alla data della dichiarazione del curatore, ex art. 72, comma 2, legge legge fallimentare, R.D. n. 267/1942, non vi è un obbligo retributivo per l'assenza di prestazione lavorativa e, nell'ipotesi di licenziamento intimato dal curatore successivamente ritenuto illegittimo, sussiste il diritto al pagamento del corrispettivo solo ove ricorra il presupposto della utilizzabilità delle energie fisiche messe a disposizione dal lavoratore, dovendosi considerare irrilevante l'offerta della prestazione quante volte il curatore non possa avvalersi dell'attività." Trib. Santa Maria Capua Vetere, 21/02/2013
"Qualora, nel corso di un rapporto di lavoro, intervenga una sentenza dichiarativa di fallimento dell’imprenditore-datore di lavoro, trova applicazione la norma generale della sospensione del contratto bilaterale, prevista dall'art. 72 L. Fall., con facoltà del curatore di scegliere tra subentro e scioglimento. Tale disposizione si fonda sull'assoggettamento a regolazione concorsuale del diritto del contraente in bonis e si applica a tutti i contratti bilaterali, ad eccezione di quei rapporti contrattuali che sono espressamente regolati da diverse disposizioni di legge." App. Napoli Sez. I, 03/12/2007
"La mancanza di una disciplina specifica in ordine agli effetti del fallimento sui rapporti di lavoro subordinato pendenti al momento della pronuncia della sentenza rende necessario il ricorso alla regola generale dettata dall'art. 72 l.fall. - R.D. n. 267/1942, con il riconoscimento della facoltà di sciogliersi dal contratto al curatore che non ritenga di utilizzare le prestazioni del dipendente a causa della cessazione dell'attività aziendale e delle esigenze della procedura e con la configurazione, per analogia, di una fase di sospensione del rapporto sino alla determinazione, da parte degli organi della procedura, di subentrare o meno nel contratto, alla quale va, nel concreto, equiparata l'intimazione del licenziamento irrogata dal curatore con efficacia retroattiva alla data della dichiarazione di fallimento quale manifestazione della volontà di non subentrare nel rapporto." App. Milano, 28/07/2007
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