giovedì 23 luglio 2020

Come si determinano i cinque licenziamenti da prendere in considerazione ai fini della verifica della sussistenza di un  licenziamento collettivo alla luce del diritto comunitario?




Cass. 20-07-2020, n. 15401

Il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 24, per mancanza di prova del licenziamento di un numero di dipendenti superiore a cinque nell'arco di centoventi giorni, in riferimento all'erronea valutazione della cessazione del rapporto nel periodo anche di G.F. (risolto il 31 gennaio 2014 per il suo rifiuto di accettazione del trasferimento per comprovate ragioni organizzative), da intendere integrare licenziamento secondo la Direttiva 98/59 CE, come interpretata in particolare dalla sentenza della Corte di Giustizia UE 11 novembre 2015 in causa C422/14 (sesto motivo);

5.1. esso è fondato;

5.2. alla luce di una corretta interpretazione dell'art. 1, paragrafo 1, comma 1, lettera a) della Direttiva 98/59/CE del Consiglio del 20 luglio 1998 (concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi), rientra nella nozione di "licenziamento" il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, ad una modifica sostanziale degli elementi essenziali del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore stesso, da cui consegua la cessazione del contratto di lavoro, anche su richiesta dal lavoratore medesimo (Corte di Giustizia UE 11 novembre 2015 in causa C-422/14, p.ti da 50 a 54);

5.3. una tale interpretazione, conforme alla citata giurisprudenza della Corte di Giustizia, comporta il superamento della precedente della L. n. 223 del 1991, art. 24, anche alla luce del D.Lgs. n. 151 del 1997, di attuazione alla Direttiva comunitaria 26 giugno 1992, n. 56, nel senso che nel numero minimo di cinque licenziamenti, ivi considerato come sufficiente ad integrare l'ipotesi del licenziamento collettivo, non potessero includersi altre differenti ipotesi risolutorie del rapporto di lavoro, ancorchè riferibili all'iniziativa del datore di lavoro (Cass. 6 novembre 2001, n. 13714; Cass. 22 gennaio 2007, n. 1334): dovendosi intendere il termine licenziamento in senso tecnico, senza potere ad esso parificare qualunque altro tipo di cessazione del rapporto determinata (anche o soltanto) da una scelta del lavoratore, come nelle ipotesi di dimissioni, risoluzioni concordate, o prepensionamenti, anche ove tali forme di cessazione del rapporto fossero riconducibili alla medesima operazione di riduzione delle eccedenze della forza lavoro giustificante il ricorso ai licenziamenti (Cass. 22 febbraio 2006, n. 3866; Cass. 29 marzo 2010, n. 7519);

5.4. la Corte territoriale ha violato il superiore principio di diritto nell'escludere la rilevanza, ai fini del computo dei lavoratori determinanti la configurabilità di un licenziamento collettivo, di "alcune... risoluzioni consensuali" derivanti "dalla mancata accettazione di un trasferimento" (così al penultimo capoverso di pg. 30 della sentenza);

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