Come è ripartito l'onere della prova nel procedimento speciale antidiscriminatorio nella parità uomo donna?
Cass. 04/02/2019, n. 3196
In tema di comportamenti datoriali discriminatori, l'art. 40 del d.lgs. n. 198 del 2006 - nel fissare un principio applicabile sia nei casi di procedimento speciale antidiscriminatorio che di azione ordinaria, promossi dal lavoratore ovvero dal consigliere di parità - non stabilisce un'inversione dell'onere probatorio, ma solo un'attenuazione del regime probatorio ordinario in favore del ricorrente, prevedendo a carico del datore di lavoro, in linea con quanto disposto dall'art. 19 della Direttiva CE n. 2006/54 (come interpretato da Corte di Giustizia Ue 21 luglio 2011, C-104/10), l'onere di fornire la prova dell'inesistenza della discriminazione, ma a condizione che il ricorrente abbia previamente fornito al giudice elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, anche se non gravi, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso. (Nel caso di specie, rigettando il ricorso di parte datoriale, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la corte distrettuale aveva confermato in sede di gravame la pronuncia di condanna all'assunzione della resistente lavoratrice sul presupposto che il limite staturale di 160 cm. prescritto nella procedura di assunzione di personale con qualifica di Capo Servizio Treno bandita dal datore di lavoro, costituisse una discriminazione indiretta in violazione dell'art. 4 della legge n. 125 del 1991, come modificato dall'art. 2 del d.lgs. n. 145 del 2005 di attuazione della Direttiva 2002/73/CE – in materia di accesso al lavoro, alla formazione ed alla promozione professionale e di condizioni di lavoro – poi confluito nell'art. 25 del d.lgs. n. 198 del 2006, in quanto non oggettivamente giustificato, né comprovato nella sua pertinenza e proporzionalità alle mansioni comportate dalla suddetta qualifica.)
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