martedì 16 aprile 2024

 In caso di violazione dell'obbligo di repechage nella vigenza dell'art. 18 della legge 300 del 1970 è prevista la reintegra?


Cass. 12/04/2024, n. 9937


privo di fondamento è il terzo motivo di ricorso; anche a non voler considerare che, nell'ipotesi di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, il datore di lavoro ha l'onere di provare la sussistenza delle giustificazioni del recesso, ai sensi dell'art. 5 della l. n. 604 del 1966, dimostrando non solo il sopravvenuto stato di inidoneità del lavoratore e l'impossibilità di adibirlo a mansioni, eventualmente anche inferiori, compatibili con il suo stato di salute, ma anche l'impossibilità di adottare accomodamenti organizzativi ragionevoli (Cass. n. 6497 del 2021), la sentenza impugnata è dichiaratamente conforme al principio secondo cui, in caso di licenziamento intimato per inidoneità fisica o psichica, la violazione dell'obbligo datoriale di adibire il lavoratore ad alternative possibili mansioni, cui lo stesso sia idoneo e compatibili con il suo stato di salute, integra l'ipotesi di difetto di giustificazione, suscettibile di reintegrazione (Cass. n. 26675 del 2018)
più in generale vale comunque che, con la sentenza n. 125 del 2022, il Giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, settimo comma, secondo periodo, della l. n. 300 del 1970, come modificato dall'art. 1, comma 42, lettera b), della l. n. 92 del 2012, limitatamente alla parola "manifesta", con la conseguenza che, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ove sia stata accertata la "insussistenza dei fatto" - fatto da intendersi nella giurisprudenza consolidata di questa Corte inaugurata da Cass. n. 10435 del 2018 comprensivo della impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore - va applicata la sanzione reintegratoria, senza che assuma rilevanza la valutazione circa la sussistenza, o meno, di una chiara, evidente e facilmente verificabile assenza dei presupposti dì legittimità del recesso; inoltre, con la sentenza n. 59 del 2021, era già stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della medesima disposizione nella parte in cui prevedeva, in caso di accertata illegittimità del licenziamento, un potere discrezionale del giudice in ordine all'applicazione della tutela reale (cfr. Cass. n. 16975 del 2022; Cass. n. 30167 del 2022; Cass. n. 34049 del 2022; Cass. n. 34051 del 2022; Cass. n. 35496 del 2022; Cass. n. 36956 del 2022; Cass. n. 37949 del 2022; Cass. n. 38183 del 2022; Cass. n. 1299 del 2023);

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