mercoledì 16 ottobre 2019

La maternità insorta nel preavviso lavorato rende nullo il licenziamento o inefficace?


Cass. 03-04-2019, n. 9268 

12. secondo un orientamento consolidato di questa Corte (Cass. n. 6845 del 2014; n. 18911 del 2006), il licenziamento, come negozio unilaterale recettizio, si perfeziona nel momento in cui la manifestazione di volontà del datore di lavoro recedente giunge a conoscenza del lavoratore, anche se l'efficacia - vale a dire la produzione dell'effetto tipico, consistente nella risoluzione del rapporto di lavoro - viene differita ad un momento successivo; 

13. da tali premesse discende che la verifica delle condizioni legittimanti l'esercizio del potere di recesso deve essere compiuta con riferimento al momento in cui detto negozio unilaterale si è perfezionato e non già con riguardo, ove il licenziamento sia stato intimato con preavviso, al successivo momento della scadenza del preavviso stesso (Cass. n. 15495 del 2008 in motivazione n. 874 del 1999); 

14. tale principio ha trovato applicazione, ad esempio, per il termine di decadenza di sessanta giorni, di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6, che, si è ritenuto, decorre dalla comunicazione del licenziamento e non già dalla data di effettiva cessazione del rapporto (Cass. n. 6845 del 2014; n. 7049 del 2007); nello stesso modo si è affermata l'irrilevanza di norme disciplinanti la materia in modo innovativo, ove esse siano entrate in vigore dopo il suddetto momento di perfezionamento del recesso e durante il periodo di preavviso (Cass. n. 874 del 1999); 

15. nella fattispecie in esame, la Corte di merito si è attenuta ai principi appena enunciati ed ha escluso la nullità del licenziamento, ai sensi del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 54, sul rilievo che al momento in cui lo stesso è stato intimato e si è perfezionato (2.4.04) la lavoratrice non si trovasse oggettivamente in stato di gravidanza; 

16. correttamente la Corte d'appello ha fatto leva anche sulla formulazione letterale dell'art. 54 cit., comma 5, che sancisce la nullità del licenziamento per violazione del relativo divieto avendo riguardo al momento in cui lo stesso è "intimato" (dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro nonchè fino al compimento di un anno di età del bambino) e non al momento di produzione degli effetti; 

17. non costituisce oggetto di causa il diverso problema della sospensione di efficacia del licenziamento, ritualmente comunicato e perfezionato, in relazione agli eventi di cui all'art. 2110 c.c., che rilevano non ai fini della nullità o illegittimità del recesso bensì, unicamente, per stabilire la decorrenza dell'effetto di risoluzione del rapporto (Cass. n. 10852 del 2016; n. 9896 del 2003); 

18. questa Corte ha più volte affermato (Cass. n. 7369 del 2005; n. 10272 del 2003) che dall'applicazione del principio di sospensione del rapporto di lavoro in presenza degli eventi di cui all'art. 2110 c.c. (malattia, infortunio, gravidanza e puerperio), per il periodo previsto dalla legge, dal contratto collettivo, dagli usi o secondo equità, discende, in riferimento al licenziamento con preavviso, la sospensione - fin dal momento della sua intimazione - dell'efficacia del licenziamento nel caso di malattia (infortunio, gravidanza, puerperio) del lavoratore già in atto, e la sospensione della decorrenza del periodo di preavviso in caso in cui detti eventi siano sopravvenuti; 

19. si è ulteriormente precisato (Cass. n. 9896 del 2003) che la sospensione del termine di preavviso del licenziamento durante il decorso della malattia del lavoratore, con conseguente inefficacia del licenziamento fino alla cessazione della malattia o dell'esaurimento del periodo di comporto, costituisce un effetto che deriva direttamente dalla legge e, quindi, si produce per il solo fatto della sussistenza dello stato morboso, indipendentemente dalla comunicazione della malattia che, di regola, a seconda della disciplina collettiva, può essere effettuata entro tre giorni dall'insorgenza (nella sentenza citata, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inefficace il licenziamento, reputando irrilevante che la comunicazione della malattia fosse avvenuta poche ore dopo quella del recesso, una volta accertato che detta malattia preesisteva rispetto al recesso); 

20. da tali premesse deriva che lo stato di gravidanza, insorto durante il periodo di preavviso, se pure non è causa di nullità del licenziamento ai sensi dell'art. 54 cit. costituisce evento idoneo, ai sensi dell'art. 2110 c.c., a determinare la sospensione del periodo di preavviso; difatti il licenziamento intimato durante lo stato di gravidanza rientra nel divieto posto dal citato art. 54 che ne sancisce la nullità, mentre la gravidanza intervenuta nel corso del periodo di preavviso "lavorato", come nel caso di specie, è attratta nella disciplina dell'art. 2110 c.c. e comporta gli effetti sospensivi ivi previsti; 

21. nel caso in esame, la violazione dell'art. 2110 c.c. è stata dedotta dalla ricorrente ma in relazione all'unica domanda proposta, di nullità del licenziamento ai sensi dell'art. 54 cit., e non al fine di far valere l'inefficacia del recesso; la sentenza d'appello dà atto della proposizione della sola domanda di nullità del licenziamento per violazione dell'art. 54 cit. e nel ricorso in esame non sono in alcun modo richiamate o riportate le conclusioni e neppure brani del ricorso introduttivo di primo grado e degli atti del giudizio d'appello da cui potesse desumersi la proposizione di una domanda, sia pure subordinata, di inefficacia del recesso per la gravidanza intervenuta nel corso del periodo di preavviso; 





17. come più volte affermato da questa Corte, il termine di sessanta giorni previsto a pena di decadenza dalla L. n. 604 del 1966, art. 6 si applica all'impugnazione di ogni licenziamento per ragioni riconducibili nell'ambito della disciplina dettata dalla stessa L. n. 604 del 1966 e dalla L. n. 300 del 1970, fatta eccezione per le ipotesi di licenziamento non comunicato per iscritto o di cui non siano stati comunicati, parimenti per iscritto, i motivi, sebbene richiesti, come stabilito dall'art. 2 della citata L. del 1966; in tali ultimi casi, infatti, essendo il licenziamento inefficace ("tamquam non esset"), siccome nullo per difetto di un requisito "ad substantiam", l'unico termine che il lavoratore che intenda agire per far valere tale inefficacia è tenuto a rispettare è quello prescrizionale, (Cass., 1757 del 1999); 

18. si è precisato che l'azione per far valere l'inefficacia del licenziamento verbale non è subordinata, anche a seguito delle modifiche alla L. n. 604 del 1966, art. 6 apportate dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, all'impugnazione stragiudiziale, mancando l'atto scritto da cui la norma fa decorrere il termine di decadenza (Cass. n. 22825 del 2015); 

19. costituisce orientamento consolidato quello secondo cui, a norma dell'art. 2969 cod. civ., la decadenza prevista dalla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6 - che impone al lavoratore l'onere dell'impugnativa del licenziamento entro il termine di sessanta giorni - non può essere rilevata d'ufficio, attenendo ad un diritto disponibile, ma necessita di un'eccezione (in senso stretto), che, nel rito del lavoro, deve essere proposta, dalla parte convenuta nella memoria di costituzione (Cass. 19405 del 2011);

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