Quando il lavoro dell'Ostetrica è autonomo o subordinato?
Cass. civ. Sez. lavoro, 16-02-1990, n. 1159
Il pretore, con sentenza in data 3.10.87, rigettava l'opposizione, ritenendo: che la subordinazione nel rapporto di lavoro va individuata attraverso vari indici, la cui esistenza va accertata nel concreto atteggiarsi del rapporto stesso (indici che vanno poi combinati tra di loro e sintetizzati nel giudizio di prevalenza); che, nella specie - da quanto dichiarato dalla stessa Cavallari in data 4.4.85 all'ispettore del lavoro - è risultato che la predetta Cavalloni prestava la sua opera presso la clinica, quale ostetrica, tutte le mattine (per sette giorni alla settimana) con orario dalla 8 alle 12, veniva retribuita "a forfait" dalla clinica (non percependo mai denaro direttamente da clienti) ed usufruiva di ferie; che doveva pertanto ritenersi inequivocabilmente esistente l'inserimento della Cavalloni nell'organizzazione dell'impresa, con assoluta carenza di rischio da parte della lavoratrice; che doveva quindi ritenersi la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso la Casa di Cura ed il Lugatti con due motivi. ....Il ricorso è infondato...............Riguardo al secondo motivo del ricorso, devesi premettere, in diritto, che, com'é noto, il rapporto di lavoro autonomo si distingue da quello di lavoro subordinato per il fatto che l'oggetto della prestazione è l'opera, cioé il risultato dell'attività, mentre nel lavoro subordinato l'oggetto della prestazione è rappresentato dall'energia lavorativa che il prestatore di lavoro pone a disposizione del datore di lavoro ed esplica con vincolo di subordinazione, cioé sotto la vigilanza e secondo le direttive del datore di lavoro medesimo. Detto requisito della subordinazione, peraltro, va inteso in senso relativo, in quanto non è incompatibile con una certa autonomia, iniziativa e discrezionalità del lavoratore, specie quando si tratti di prestazioni professionali.
In tal caso la subordinazione si attua in termini più funzionali che tecnici, potendosi concretizzare nella sola sistematica inserzione dell'opera professionale nell'organizzazione unitaria dell'impresa o dell'ente, ancorché senza un'effettiva direzione da parte del datore di lavoro (Cass. 15.5.76 n. 1885, 9.4.1986 n. 2472).
Peraltro, nei casi in cui una notevole attenuazione del vincolo della subordinazione e una certa libertà nell'organizzazione del lavoro riducano l'evidenza immediata degli elementi differenziali tra i due rapporti, occorre far ricorso ad altri criteri distintivi, quali: a) la precisa individuazione dell'oggetto della prestazione, come già si è detto; b) l'accertamento concreto dell'esistenza di un'organizzazione d'impresa, anche in termini minimi, da parte del lavoratore, la quale caratterizza il lavoro autonomo; e) la incidenza del rischio attinente all'esercizio dell'attività, che incombe in misura più evidente e completa sul lavoratore autonomo, mentre ricade sul datore di lavoro nell'ipotesi di lavoro subordinato.
(Cass. sent. ult. 1720-76, 5393-78, 4131-84, 2257-86). Orbene, nel caso in esame esattamente il Pretore ha riconosciuto la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato dopo aver accertato che la Cavalloni poneva sostanzialmente a disposizione della impresa le proprie energie lavorative al mattino (dalle 8 alle 12) secondo le direttive dell'imprenditore (che si avvaleva, al pomeriggio, delle prestazioni di un'altra ostetrica), ricevendo sempre lo stesso compenso forfettario, con assoluta carenza di rischio da parte sua e sicuro inserimento nell'organizzazione dell'impresa.
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