sabato 17 febbraio 2018

Ai fini dell'inquadramento Inps il datore di lavoro è obbligato a comunicare ogni variazione che possa determinare una modifica d'inquadramento?


Per Cass. 13/02/2018, n. 3459:


Per l'INPS dalla lettura della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 8 sarebbe evincibile un obbligo a carico del datore di lavoro di comunicare all'Inps qualsivoglia variazione a seguito del mutamento dell'attività svolta, in quanto se ciò non accade vi provvede il legislatore a far conseguire l'effetto, con efficacia ex tunc, con il provvedimento di modificazione dell'inquadramento da parte dell'Inps; tale dichiarazione doveva concretizzarsi in un altro atto di volontà successivo al precedente e diretto all'ente previdenziale dove espressamente si indicano gli elementi che, secondo il datore di lavoro, conducono a un mutamento dell'effettiva attività fino a quel momento svolta.

La tesi è infondata. La L. n. 335 del 1998, art. 3, comma 8 recita "I provvedimenti adottati d'ufficio dall'INPS di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali, con il conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente alla effettiva attività svolta producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione, con esclusione dei casi in cui l'inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro. In caso di variazione disposta a seguito di richiesta dell'azienda, gli effetti del provvedimento decorrono dal periodo di paga in corso alla data della richiesta stessa. Le variazioni di inquadramento adottate con provvedimenti aventi efficacia generale riguardanti intere categorie di datori di lavoro producono effetti, nel rispetto del principio della non retroattivita, dalla data fissata dall'INPS. Le disposizioni di cui al primo e secondo periodo del presente comma si applicano anche ai rapporti per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, pendano controversie non definite con sentenza passata in giudicato".

1.6. La norma si occupa di regolare gli effetti dei provvedimenti di variazione di inquadramento previdenziale adottati dall'INPS in sede di riesame o di verifica di singole situazioni aziendali, ovvero in conseguenza di una generale variazione d'indirizzo nella classificazione. Ma anche a voler estendere lo stesso disposto normativo a tutti i casi in cui una variazione di classificazione segua dichiarazioni datoriali, anche successive alle prime, esso non prevede comunque un obbligo a carico del datore di lavoro di comunicare all'Inps qualsivoglia variazione a seguito del mutamento dell'attività svolta. Nè in particolare prevede l'obbligo delle aziende di effettuare specifiche dichiarazioni preventive appositamente destinate al fine esclusivo di consentire all'Inps la verifica dei presupposti per la classificazione dell'impresa.

1.7. E' vero che la legge prevede l'effetto retroattivo della variazione, nei casi in cui "l'inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro"; e che le inesatte dichiarazioni (positive o omissive) del datore di lavoro, da cui possono derivare gli effetti retroattivi del provvedimento di variazione, vanno riferite ad una qualsiasi comunicazione in base alla quale sia evincibile la classificazione; sicchè, in base alla L. n. 335 del 1998, art. 3, comma 8 il datore di lavoro non deve mai fornire notizie inesatte in occasione delle sue varie comunicazioni all'INPS. Ma non è previsto dalla norma che egli abbia anche l'obbligo di effettuare una dichiarazione di variazione al mutare dei dati determinanti l'inquadramento e di effettuare comunicazioni ad hoc di natura preventiva; sicchè le dichiarazioni in discorso possono essere soltanto quelle desumibili da atti diretti ad altri fini.

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